“Rispondi anche se pensi di non subire violenze gravi”. Troppe persone ancora oggi credono che la violenza domestica sia un conflitto della coppia e dunque un problema privato. Non è così: si tratta di un problema sociale che investe non soltanto il ruolo maschile ma anche quello femminile. Questi uomini usano le mani per punire, vendicarsi e mantenere la donna nello status quo. Non è un caso che gli abusi siano più forti proprio quando la vittima comincia a ribellarsi, a chiedere parola, a mettere un punto alla relazione. Ecco perché il Cesvis (Centro Studi Vittime Sara), guidato da una équipe di psicologi specializzati nello studio della violenza contro le donne della Seconda università degli studi di Napoli, mette a disposizione un test anonimo per quelle donne che sospettano di vivere una storia tormentata e rischiosa. Ricordiamo che sul territorio di Battipaglia è attiva Non Sei Sola Mulieres con: - lo sportello anti-violenza 2 volte al mese - l'ascolto attivo telefonico 7 giorni su 7 - 24h - |
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Nel corrente anno scolastico l’Istituto Comprensivo Matteo Ripa di Eboli ha sviluppato un interessante progetto curato e coordinato dall’insegnante Maria Cerrone. Il progetto dal titolo “INSIEME SOTTO LO STESSO CIELO" si propone di promuovere una cultura di genere capace di valorizzare le differenze tra il maschile e il femminile, rivolgendosi a tutti gli attori e le attrici del mondo scolastico, offrendo occasioni e strumenti per acquisire consapevolezza dei propri posizionamenti di genere e sviluppare, di conseguenza, la capacità di rapportarsi anche con l’altro/a:
Il progetto si è concluso con una manifestazione il 25 Novembre scorso, in occasione della giornata contro la violenza sulle donne . Gli alunni delle scuole hanno marciato per le vie della città con cartelloni da loro stessi realizzati che richiamavano con disegni e slogan i temi della parità di genere e il rispetto della diversità. Giunti nella piazza di Eboli i più piccoli hanno lasciato volare dei palloncini rossi in segno di solidarietà con le vittime di violenza. Ad accoglierli iI Sindaco Martino Melchionda e l’assessore Liberato Martucciello che hanno portato la solidarietà dell’Amministrazione all’iniziativa. Era presente anche Lia Colangelo dell’associazione Non sei sola Mulieres ha portato i saluti dell’associazione ha ricordato ai ragazzi il valore del rispetto reciproco e la forza e la ricchezza che si sviluppa dallo stare insieme senza discriminazioni.
Cos'è lo "Zapatos Rojos"? Fonte: http://www.reset-italia.net L’artista messicana Elina Chauvet presentò nel 2009, “Zapatos Rojos”, una lunga fila composta da centinaia di scarpe rosse, negli stati del Messico e del Texas. Sono scarpe raccolte tra amiche e conoscenti, con il passaparola e stanno a rappresentare le donne vittime di violenza in tutto il mondo. Un’opera d’arte pubblica e viva, per dire basta alla violenza contro le donne e renderci in qualche modo solidali e attive. E’ da mesi che si stanno raccogliendo scarpe rosse e denunce…
Lunedì 18 novembre si aprirà l''ottava settimana UNESCO di educazione allo sviluppo sostenibile “I paesaggi della bellezza: dalla valorizzazione alla creatività”.
Le associazioni Civica Mente, F.I.D.A.P.A., Luna e l'altra, Mulieres donne per il sud e Non sei sola Mulieres realizzeranno il seguente programma: - con l'istituto A. Gatto formazione sui luoghi della nostra città che hanno particolare valore artistico e storico; - presso la casa comunale mostra fotografica e sabato sera sarà allestita la postazione “Ritratti dei battipagliesi”; - martedì 19 - ore 18:00 - presso il Salotto Comunale dibattito “Battipaglia: paesaggio urbano e bellezza” con arch. Alfano arch. Montella ing. Busillo dott. Fortunato; - giovedì 21 - ore 18:00 - presso il Teatro Bertoni dibattito sulla situazione ambientale della città con prof. Venditto avv. Barbirotti, C. Sica dott.ssa Ferro avv. Amatucci; - venerdì 22 - ore 18:00 - presso il Salotto Comunale dibattito "Viaggio nella memoria dei luoghi.Conoscere la storia per essere custodi della bellezza" con prof. Nicoletti prof. Di Muro dott.ssa Pacella; - sabato 23 “Caccia alla bellezza” partenza alle ore 15 da piazza Aldo Moro; - domenica 24 decoro urbano in piazza Amendola. Gli alunni e i cittadini tutti sono invitati a proporre idee e progetti per tutelare e valorizzare le bellezze esistenti nella nostra città e crearne di nuove.
La scuola, poi, è andata così così. A 17 anni ha deciso di andare a lavorare in un bar e ha incontrato Chiara, che ne aveva 16. Era figlia unica di una famiglia poco equilibrata, anche se da fuori sembravano tutti a posto. Per me, la ragazza era cresciuta nell’indifferenza, ricevendo le attenzioni occasionali di un geranio sul balcone. A casa sua volava anche qualche schiaffo tra i genitori, e forse ne arrivava qualcuno anche a lei. Credo che Mirco abbia assistito a qualche litigio fra i suoi. Da qualche parte avrà pure imparato a picchiare, non certo da noi. A casa nostra volano insulti, certo. Violenza verbale. Ma mio marito non ha mai alzato le mani su di me. Mai. Per questo non riesco a spiegarmi quello che ha combinato mio figlio.
Poi è saltato fuori che un amico di famiglia di Chiara, un adulto, l’aveva molestata a tredici anni. E mio figlio è andato a minacciarlo con un coltello. Era diventato la guardia del corpo di Chiara. Bastava che un compagno di scuola le dicesse una parola sgarbata, che la stuzzicasse come si fa a quell’età, lei faceva l’errore di raccontarglielo e Mirco perdeva la bussola. Un giustiziere. Io gli dicevo di non mettersi in mezzo, di avvisare i genitori quando alla ragazza succedeva qualcosa. Ma lui non ne voleva sapere, diceva che era compito suo. Poi, però, anche lei ha deciso di lasciare gli studi per cercarsi un lavoro, ed è stata la prima volta in cui lui l’ha presa a schiaffi. «Lo faccio per il suo bene», diceva, «lei è brava, non voglio che smetta di studiare». Lei ha sopportato. Lui deve averlo interpretato come un invito a continuare, e l’atto di punirla per i suoi errori è diventata un’abitudine, tanto la scusa era sempre la stessa, «lo faccio per il suo bene». Un giorno lei ha passato un pomeriggio con gli amici e quando lui lo ha scoperto è andato su tutte le furie. Prima se l’è presa con lei perché aveva rubato del tempo prezioso allo studio. Poi ha dato il resto agli amici maschi con cui era uscita perché, mi ha detto, la portavano sulla cattiva strada. Li ha cercati e sono volate le botte vere, per strada. Non che fosse la prima volta che mio figlio faceva a cazzotti. Aveva sempre frequentato ragazzi più grandi, se la prendeva con noi genitori già dalle elementari perché diceva di essere nella classe sbagliata, fra mocciosi che invece avevano la sua stessa età. Ma quei grandi che frequentava hanno fatto tutti una brutta fine, per cui anche loro devono averlo influenzato, no? Insomma, di guai ne aveva passati, ragazzate che capitano, ma quel giorno lì ha rischiato la denuncia. Da allora, la situazione è precipitata. Chiara, che fino a quel momento sembrava di gomma, una statua morbida contro cui potevano rimbalzare anche le sassate, ha deciso di lasciarlo. Quella sera in cui lei l’ha mollato, Mirco è tornato a casa livido, col colorito di chi è già morto e continua a camminare solo perché ha qualche compito in terra da portare a termine. Aveva perso il suo cucciolo da accudire, da salvare dalle minacce della vita. All’improvviso ce l’aveva anche con me. Forse mi identificava con Chiara perché nelle fidanzate, in fondo, si cerca sempre un po’ della mamma, dicono. Ha iniziato a comportarsi in un modo che, più avanti, lo psicologo ha definito “istrionico”. Solo quando io ero in casa inscenava sempre qualcosa di spettacolare. Come quando si è fatto un taglio sulla gamba così lungo e profondo che ci sono voluti diciotto punti per rappezzarlo, perché era San Valentino e lei non aveva risposto alla sua lettera. Poi, un giorno l’ho sentito urlare al telefono, nella sua camera, e ho pensato che stesse parlando con lei, o qualcuno di quei suoi amici che cercavano di tenerlo alla larga da lei. Gli avevo controllato il cellulare mentre era in bagno, qualche giorno prima, e avevo visto tutti gli sms che lui le mandava, e ai quali lei non rispondeva mai. E mia sorella mi aveva chiesto cosa ci faceva appostato sotto casa dell’ex ragazza tutte le sere, l’aveva visto. E che ci faceva? Aspettava che rientrasse dal corso a cui si era iscritta per recuperare l’anno scolastico. Alla fine, aveva pure seguito il suo consiglio di continuare a studiare. Quella sera in cui urlava, poi era calato il silenzio e l’altra mia figlia più piccola mi ha chiamata per dirmi che Mirco era strano. Sono entrata nella sua camera e l’ho trovato mezzo nudo sul davanzale, voleva buttarsi di sotto. Mi ha detto che Chiara si era messa con un altro, che se non poteva riaverla voleva morire. L’ho convinto a rientrare, gli ho detto che era giovane e che, fra qualche anno, di lei non avrebbe ricordato più nemmeno il nome perché ce ne sarebbero state tante altre. Sembrava che lo avessi convinto. Nei giorni successivi si comportava bene, non litigava con nessuno. Lavorava con giudizio e spendeva i suoi soldi con gli amici in pizzeria, ci metteva la miscela nel motorino, ci ricaricava il cellulare. Di Chiara non parlava più. Credevo fosse finito l’incubo. Per lui. E anche un po’ per me. Finché non sono entrata in camera sua per rifargli il letto e ho sentito quell’odore. Ho seguito la traccia dentro l’armadio e ho trovato la tanica di benzina, nascosta dietro le scatole di scarpe e i cappotti. L’ho aspettato fino alle dieci e mezzo di sera, perché lui non torna mai tardi a casa, e gli ho chiesto cosa ci doveva fare. Lui si è arrabbiato, mi ha detto di farmi gli affari miei ed è partita la prima sberla, come facevo quando da bambino diceva le bugie o una parolaccia. Perché io i miei figli li ho seguiti sul serio e quando c’era da punirli, l’ho fatto. E a forza di sberle ha confessato che con quella benzina voleva dare fuoco alla casa di Chiara, perché non ce la faceva più a incontrarla in giro con quell’altro e perché lei aveva anche cambiato il numero di telefono, così non riusciva mai a parlarle da sola e a convincerla che doveva stare con lui. Solo con lui. Povero figlio mio, che cosa stava diventando? Mi sentivo delusa, arrabbiata, addolorata e tradita. Cosa avevo sbagliato? Ci ho parlato tutta la notte mentre piangeva e piano piano gli ho fatto capire che non valeva la pena di rovinarsi la vita per un amore giovanile, che le ragazze hanno il diritto di andarsene, quando la storia non funziona più. Si è unito a noi anche mio marito e abbiamo deciso di tenerlo in casa per un po’ e di farlo aiutare da un professionista, per fargli dimenticare tutto. E lui, almeno stavolta, ci ha dato retta, perché è un bravo ragazzo, nonostante tutto. Sono passati tre anni, Mirco ha una nuova fidanzata, più allegra, che non gli fa menate. E a Chiara non ci pensa più. Ma a volte penso io a cosa ne sarebbe stato della nostra vita se non avessi trovato quella tanica di benzina, pronta per sterminare una famiglia intera. |
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Novembre 2015
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