Una madre racconta la storia di Mirco, pronto a picchiare la fidanzata che diceva di amare. Fonte: http://www.marieclaire.it/Attualita/stalking-esperienze-violenza-sulle-donne Mirko aveva trovato il suo cucciolo da accudire. Almeno, pareva così. Quella ragazza era una cosa sua, che nessuno doveva toccare o guardare, e anch’io all’inizio speravo che questo legame aiutasse mio figlio a mettere la testa a posto. A scuola era sempre stato una testa calda. Non pericoloso, intendiamoci bene: però problematico, sì. Sembrava sempre che fosse lì lì per dire qualcosa che poi non riusciva a tirare fuori, e si arrabbiava. Mi sono chiesta se abbia subito un trauma di cui non mi ha mai parlato, perché tutta questa rabbia non la capivo proprio. E poi c’è stato quell’episodio imbarazzante, quando è morta la maestra che lo trattava male, e lui al funerale sorrideva, e con una sincerità che non sapevo se apprezzare o meno diceva: «Mamma, io e la maestra ci odiavamo, perché dovrei essere triste?». |
Poi è saltato fuori che un amico di famiglia di Chiara, un adulto, l’aveva molestata a tredici anni. E mio figlio è andato a minacciarlo con un coltello. Era diventato la guardia del corpo di Chiara. Bastava che un compagno di scuola le dicesse una parola sgarbata, che la stuzzicasse come si fa a quell’età, lei faceva l’errore di raccontarglielo e Mirco perdeva la bussola. Un giustiziere. Io gli dicevo di non mettersi in mezzo, di avvisare i genitori quando alla ragazza succedeva qualcosa. Ma lui non ne voleva sapere, diceva che era compito suo. Poi, però, anche lei ha deciso di lasciare gli studi per cercarsi un lavoro, ed è stata la prima volta in cui lui l’ha presa a schiaffi. «Lo faccio per il suo bene», diceva, «lei è brava, non voglio che smetta di studiare». Lei ha sopportato. Lui deve averlo interpretato come un invito a continuare, e l’atto di punirla per i suoi errori è diventata un’abitudine, tanto la scusa era sempre la stessa, «lo faccio per il suo bene».
Un giorno lei ha passato un pomeriggio con gli amici e quando lui lo ha scoperto è andato su tutte le furie. Prima se l’è presa con lei perché aveva rubato del tempo prezioso allo studio. Poi ha dato il resto agli amici maschi con cui era uscita perché, mi ha detto, la portavano sulla cattiva strada. Li ha cercati e sono volate le botte vere, per strada. Non che fosse la prima volta che mio figlio faceva a cazzotti. Aveva sempre frequentato ragazzi più grandi, se la prendeva con noi genitori già dalle elementari perché diceva di essere nella classe sbagliata, fra mocciosi che invece avevano la sua stessa età. Ma quei grandi che frequentava hanno fatto tutti una brutta fine, per cui anche loro devono averlo influenzato, no? Insomma, di guai ne aveva passati, ragazzate che capitano, ma quel giorno lì ha rischiato la denuncia.
Da allora, la situazione è precipitata. Chiara, che fino a quel momento sembrava di gomma, una statua morbida contro cui potevano rimbalzare anche le sassate, ha deciso di lasciarlo. Quella sera in cui lei l’ha mollato, Mirco è tornato a casa livido, col colorito di chi è già morto e continua a camminare solo perché ha qualche compito in terra da portare a termine. Aveva perso il suo cucciolo da accudire, da salvare dalle minacce della vita. All’improvviso ce l’aveva anche con me. Forse mi identificava con Chiara perché nelle fidanzate, in fondo, si cerca sempre un po’ della mamma, dicono. Ha iniziato a comportarsi in un modo che, più avanti, lo psicologo ha definito “istrionico”. Solo quando io ero in casa inscenava sempre qualcosa di spettacolare. Come quando si è fatto un taglio sulla gamba così lungo e profondo che ci sono voluti diciotto punti per rappezzarlo, perché era San Valentino e lei non aveva risposto alla sua lettera.
Poi, un giorno l’ho sentito urlare al telefono, nella sua camera, e ho pensato che stesse parlando con lei, o qualcuno di quei suoi amici che cercavano di tenerlo alla larga da lei. Gli avevo controllato il cellulare mentre era in bagno, qualche giorno prima, e avevo visto tutti gli sms che lui le mandava, e ai quali lei non rispondeva mai. E mia sorella mi aveva chiesto cosa ci faceva appostato sotto casa dell’ex ragazza tutte le sere, l’aveva visto. E che ci faceva? Aspettava che rientrasse dal corso a cui si era iscritta per recuperare l’anno scolastico. Alla fine, aveva pure seguito il suo consiglio di continuare a studiare. Quella sera in cui urlava, poi era calato il silenzio e l’altra mia figlia più piccola mi ha chiamata per dirmi che Mirco era strano. Sono entrata nella sua camera e l’ho trovato mezzo nudo sul davanzale, voleva buttarsi di sotto. Mi ha detto che Chiara si era messa con un altro, che se non poteva riaverla voleva morire. L’ho convinto a rientrare, gli ho detto che era giovane e che, fra qualche anno, di lei non avrebbe ricordato più nemmeno il nome perché ce ne sarebbero state tante altre. Sembrava che lo avessi convinto.
Nei giorni successivi si comportava bene, non litigava con nessuno. Lavorava con giudizio e spendeva i suoi soldi con gli amici in pizzeria, ci metteva la miscela nel motorino, ci ricaricava il cellulare. Di Chiara non parlava più. Credevo fosse finito l’incubo. Per lui. E anche un po’ per me. Finché non sono entrata in camera sua per rifargli il letto e ho sentito quell’odore. Ho seguito la traccia dentro l’armadio e ho trovato la tanica di benzina, nascosta dietro le scatole di scarpe e i cappotti. L’ho aspettato fino alle dieci e mezzo di sera, perché lui non torna mai tardi a casa, e gli ho chiesto cosa ci doveva fare. Lui si è arrabbiato, mi ha detto di farmi gli affari miei ed è partita la prima sberla, come facevo quando da bambino diceva le bugie o una parolaccia. Perché io i miei figli li ho seguiti sul serio e quando c’era da punirli, l’ho fatto. E a forza di sberle ha confessato che con quella benzina voleva dare fuoco alla casa di Chiara, perché non ce la faceva più a incontrarla in giro con quell’altro e perché lei aveva anche cambiato il numero di telefono, così non riusciva mai a parlarle da sola e a convincerla che doveva stare con lui. Solo con lui.
Povero figlio mio, che cosa stava diventando? Mi sentivo delusa, arrabbiata, addolorata e tradita. Cosa avevo sbagliato? Ci ho parlato tutta la notte mentre piangeva e piano piano gli ho fatto capire che non valeva la pena di rovinarsi la vita per un amore giovanile, che le ragazze hanno il diritto di andarsene, quando la storia non funziona più. Si è unito a noi anche mio marito e abbiamo deciso di tenerlo in casa per un po’ e di farlo aiutare da un professionista, per fargli dimenticare tutto. E lui, almeno stavolta, ci ha dato retta, perché è un bravo ragazzo, nonostante tutto. Sono passati tre anni, Mirco ha una nuova fidanzata, più allegra, che non gli fa menate. E a Chiara non ci pensa più. Ma a volte penso io a cosa ne sarebbe stato della nostra vita se non avessi trovato quella tanica di benzina, pronta per sterminare una famiglia intera.